Forestbeat | I servizi della foresta
Nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise sono state localizzate le faggete più antiche d’Europa, candidate a diventare Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Noi vogliamo raccontarvi la storia di questo ecosistema così complesso e ricco di vita.
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Per la selezione delle immagini e dei contenuti raccolti dal progetto “Forestbeat” si è voluto insistere soprattutto sugli aspetti strettamente biologici delle faggete vetuste del PNALM, per divulgarne la sorprendente varietà e ricchezza. Come abbiamo visto, queste antiche foreste rappresentano dei veri e propri “serbatoi” di biodiversità, in quanto sono l’habitat d’elezione per moltissime specie diverse e un “palcoscenico” dove avvengono avvincenti dinamiche evolutive. Pertanto, sono da considerarsi dei preziosissimi laboratori all’aria aperta per la conduzione di ricerche scientifiche, per esempio come quelle indirizzate alla ricostruzione della storia climatica di un certo territorio o allo studio delle relazioni tra gli organismi che in esse vivono, oppure utilissime per la verifica di strategie di conservazione. Le foreste in salute, poi, sono dei luoghi straordinari e funzionali per la ricreazione psico-fisica delle persone: è ormai dimostrato come le sostanze rilasciate da molte specie di piante o, più semplicemente, il verde del fogliame abbiano un effetto benefico e duraturo sulla nostra psiche.

Ma non è tutto qui. Gli alberi rivestono infatti anche un’enorme importanza pratica per la nostra stessa esistenza. Tralasciando in questo contesto il potenziale sfruttamento degli alberi per estrarne legname e combustibili, non si possono non citare alcuni servizi insostituibili, se non propriamente essenziali, che le foreste non gestite svolgono per noi, ogni giorno e… del tutto gratuitamente! Una foresta matura, come sappiamo, è un sistema biologico molto complesso, ma assai ben organizzato, in cui si attuano continuamente processi chimici e fisici importantissimi non solo per il suo stesso mantenimento, ma anche per lo stato di salute dell’ambiente che la circonda. E gli alberi sono i responsabili di molte di queste “operazioni”, che essi compiono non solo durante il corso della loro esistenza, ma, incredibilmente, anche dopo la morte.

Le foreste sono dei luoghi funzionali per la ricreazione psico-fisica delle persone

Le foreste sono dei luoghi funzionali per la ricreazione psico-fisica delle persone: è dimostrato come le sostanze rilasciate da molte specie di piante o, più semplicemente, il verde del fogliame abbiano un effetto benefico e duraturo sulla nostra psiche..

Una grande foresta può influenzare il ciclo dell’acqua e, quindi, la sua disponibilità in una certa regione. Gli alberi, e i faggi in particolare, sono delle grandi “pompe” di acqua. Per osmosi, le cellule dell’apparato radicale delle piante assorbono l’acqua precipitata al terreno con la pioggia. Questa poi sale nel fusto dell’albero per capillarità ma anche per la trazione esercitata dal vuoto creato dalla traspirazione che avviene a livello fogliare. In condizioni particolari, come dopo un lungo acquazzone primaverile, un grande albero è in grado di “bere” circa 500 litri di acqua al giorno e, immagazzinandone gran parte nel tronco, garantisce per sé la disponibilità di risorse idriche per tempi più difficili, ovvero di maggiore siccità. Quando l’acqua viene infine rilasciata durante la respirazione dell’albero, essa è immessa nuovamente nell’atmosfera circostante, ma purificata stavolta da elementi tossici e potenzialmente inquinanti. Chiaramente, per riuscire a comprendere a fondo la portata di questo processo, bisogna immaginare di moltiplicare la quantità d’acqua che passa per un singolo albero per il numero di tutti quelli che vanno a comporre un bosco. Attraverso questo rilascio ritardato, infatti, le piante di una foresta riescono a mantenere costanti e favorevoli non solo le condizioni dell’ambiente che li circonda dappresso ma, indirettamente, persino a influenzare il clima su scala più ampia, attenuandone le variazioni improvvise di temperatura e permettendo il formarsi di nubi e, così, l’avvento delle precipitazioni anche a grande distanza.

Una grande foresta può influenzare il ciclo dell’acqua e, quindi, la sua disponibilità in una certa regione

La presenza costante di umidità e di un film d’acqua nel suolo subito intorno le radici consente inoltre la sopravvivenza di tutta una serie di microrganismi, come funghi, batteri e invertebrati, responsabili a loro volta dei processi di decomposizione della materia organica e riciclo dei nutrienti, nonché dei funghi simbiotici che, insieme alle radici delle piante stesse, vanno a creare le cosidette micorrize: punti di snodo per lo scambio di nutrienti e segnali chimici tra i diversi alberi e tra questi e l’ambiente esterno. Senza queste antichissime “relazioni segrete” non solo non esisterebbero molte piante, ma nemmeno le foreste così come siamo abituati a conoscerle.

La presenza costante di umidità intorno le radici consente inoltre la sopravvivenza di tutta una serie di microrganismi, come funghi, batteri e invertebrati, responsabili a loro volta dei processi di decomposizione della materia organica e riciclo dei nutrienti, nonché dei funghi simbiotici che, insieme alle radici delle piante stesse, vanno a creare le cosidette micorrize. Alcune orchidee (come la rara Epipogium aphyllum nella foto di destra) non sono in grado di effettuare la fotosintesi, ma vivono come parassiti a spese di questi stessi funghi.

Oltre a essere attori protagonisti nella formazione del suolo, attraverso la deposizione di materia organica, come ad esempio di foglie morte e rami secchi, gli alberi lo proteggono, riuscendo persino a garantire la stabilità dei versanti montani. Come abbiamo già visto, la grande capacità di immagazzinamento dell’acqua caratteristica dei grandi alberi, permette loro di rallentare anche il corso di quest’ultima durante intense precipitazioni e, quindi, a evitare che si verifichino pericolose inondazioni. Allo stesso modo, la presenza di una folta copertura arborea sui terreni più acclivi può rallentare e fermare il cammino di eventuali slavine e valanghe, in tal modo riducendone notevolmente il potenziale distruttivo. La vegetazione in genere e, in particolare, la volta arborea schermano poi il terreno, proteggendolo dall’eccessiva irradiazione solare specialmente nei mesi estivi. In questo modo si evita che il suolo raggiunga temperature eccessive, che potrebbero farlo inaridire e comportare la morte della sua componente organica, e, in ultimo, una perdita della sua coesione e successiva dilavazione. Anche le radici, i ceppi e i tronchi degli alberi morti e caduti a terra a loro volta contribuiscono a trattenere il suolo e prevenirne l’erosione. Con un’azione puramente meccanica, questi formano delle barriere dove si accumulano rocce, acqua e terra e il suolo aumenta di spessore e resistenza. Inoltre, la maggiore permanenza della neve sul suolo delle foreste, dovuta all’ombra proiettata dagli alberi, ne determina uno scioglimento assai più graduale. Ciò consente un assorbimento dell’acqua da parte del suolo più progressivo e un successivo, altrettanto lento, rilascio in quei ruscelli e corsi d’acqua che irrigano il fondovalle e che vengono così alimentati per un lungo periodo.

Oltre a essere attori protagonisti nella formazione del suolo gli alberi lo proteggono, riuscendo persino a garantire la stabilità dei versanti montani. Le radici, i ceppi e i tronchi degli alberi morti contribuiscono a trattenere il suolo e prevenirne l’erosione.
La maggiore permanenza della neve sul suolo delle foreste, dovuta all’ombra proiettata dagli alberi, ne determina uno scioglimento assai più graduale. Ciò consente un assorbimento dell’acqua da parte del suolo più progressivo e un successivo, altrettanto lento, rilascio in quei ruscelli e corsi d’acqua che irrigano il fondovalle e che vengono così alimentati per un lungo periodo

L’azione benefica delle piante si estende anche all’aria. L’enorme superficie occupata dalle migliaia di foglie che costituiscono la chioma di un grande albero è come una rete dalle maglie finissime, che può agire da filtro e trattenere incredibili quantità di polveri e altre particelle in sospensione (pollini, pulviscolo, etc.) nell’atmosfera e che potrebbero risultare dannose per il nostro organismo.
Ma il contributo notevole degli alberi alla salute dell’ambiente e, quindi anche nostra, si riscontra anche dopo la loro morte. La decomposizione di una pianta caduta a terra, che viene svolta da microrganismi, funghi e invertebrati, infatti non solo implica il riciclo della sua componente organica, ma comporta anche un lento rilascio dei nutrienti, soprattutto azoto, accumulati in essa e, in ultimo, un aumento di fertilità del suolo stesso. Al contrario, gran parte dell’anidride carbonica immagazzinata all’interno di un grande albero durante la sua lunga vita rimane intrappolata nelle cellule di legno morto, che vengono via via “sotterate” in profondità dagli organi decompositori. Ciò permette il suo “stoccaggio” nella porzione inerte del terreno, dove le basse temperature e l’assenza di ossigeno non permettono più il realizzarsi di processi biologici. Ciò evita che la CO2 venga nuovamente liberata nell’atmosfera, andando così a contribuire al riscaldamento globale. E questo almeno fino a quando questo materiale deposistato non venga estratto dal suolo sotto forma di carbone, petrolio o di altri combustibili fossili.

Gran parte dell'anidride carbonica immagazzinata all'interno di un grande albero durante la sua lunga vita rimane intrappolata nelle cellule di legno morto, che vengono via via "sotterate" in profondità dagli organi decompositori. Ciò permette il suo "stoccaggio" nella porzione inerte del terreno e evita che la CO2 venga nuovamente liberata nell'atmosfera.

Gran parte dell’anidride carbonica immagazzinata all’interno di un grande albero durante la sua lunga vita rimane intrappolata nelle cellule di legno morto, che vengono via via “sotterate” in profondità dagli organi decompositori. Ciò permette il suo “stoccaggio” nella porzione inerte del terreno e evita che la CO2 venga nuovamente liberata nell’atmosfera.

La lista di questi “servizi” sarebbe ancora lunga, ma probabilmente è sufficiente concludere queste pagine con il più importante di tutti: senza le piante non ci sarebbe ossigeno (e quindi vita aeroba!) sulla Terra. Attraverso i processi di fotosintesi, le piante utilizzano l’energia solare per produrre le molecole organiche di cui necessitano per vivere. E fanno ciò aspirando anidride carbonica e rilasciando ossigeno. Se si considera che un ettaro di foresta ogni giorno è in grado di produrre circa 10.000 kg di ossigeno, e che a una persona ne basta appena un chilogrammo per vivere, si capisce immediatamente che la protezione delle nostre foreste non è solo una scelta dettata da valori puramente scientifici o estetici, ma di fatto essenziale per la nostra stessa sopravvivenza!

La protezione delle nostre foreste non è solo una scelta dettata da valori puramente scientifici o estetici, ma di fatto essenziale per la nostra stessa sopravvivenza!

La protezione delle nostre foreste non è solo una scelta dettata da valori puramente scientifici o estetici, ma di fatto essenziale per la nostra stessa sopravvivenza!

© Bruno D’Amicis / Umberto Esposito 2013-2017 – www.silva.pictures

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